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RICOMINCIO DALLA BELLYDANCE

Leda guardava le pagine bianche del suo quaderno in cerca di un'ispirazione.
In alto aveva scritto il tema del concorso: «L'inizio», ma più ci pensava più le si presentava davanti sempre e solo la fine.
La fine di ogni sua scelta. La fine della scuola, quando aveva deciso di abbandonare gli studi, la fine del lavoro che aveva appena perso, la fine della sua amicizia storica con Patty e soprattutto la fine recente del suo matrimonio.
Appena chiudeva gli occhi, rivedeva quelli di Ringo, con le venature rosse e la rabbia di un forsennato.
Rivedeva le botte, le mani bellissime che diventavano enormi e violente contro la sua faccia.
Rivedeva quell'ultimo giorno orrendo, dove lui aveva tentato di ucciderla, preso da un ennesimo estremo raptus di gelosia.
Ringo era stato, il primo, l'ultimo e anche l'unico uomo che avesse amato e poi sposato.
L'aveva conosciuto d'estate ad una festa in riva al mare qualche anno addietro, una serata di quelle alle quali di solito non partecipava, fatte di ragazzi, musica, alcol e molta euforia.
Non ricordava nemmeno perché avesse deciso quella sera di uscire.
Aveva indossato un vestito carino, bianco e blu a righe, un pò stile marinaretta, arruffato i capelli per renderli più gonfi e sentirsi più interessante e un paio di sandali con il tacco, decisamente scomodi per una festa in spiaggia.
Era single da troppo poco tempo per volersi impegnare nuovamente con qualcuno e non era certo uscita per rimorchiare ma si sa che quando meno te lo aspetti le cose accadono e soprattutto quando ti prefissi di non farle assolutamente accadere.
Si era messa in disparte, col suo bicchiere di Mojito in mano che le faceva girare appena la testa e si rilassava.
Ringo era arrivato proprio in quel suo momento di assenza. Le si era seduto accanto e, in un batter d'occhio, aveva attaccato bottone e non l'aveva più lasciata andar via.
L'amore è così, un colpo di fulmine in una serata apparentemente uguale a tante altre, che ti rapisce senza avere il tempo di accorgertene ma Leda aveva dimenticato tutto questo: il batticuore, la bellezza di quel sentimento rosa ed il fruscio delle onde che cullavano quel momento e custodivano quel ricordo.
Lei ormai era solamente un contenitore di paure e delusione.
Se ne stava lì, sul marciapiede di cemento, con lo sguardo fisso a centrare il vuoto.
I passanti la osservavano con una certa pena, così minuta e dagli occhi infossati e stanchi ma lei nemmeno se ne accorgeva.
Poi ad un tratto una mano le arrivava contro, a distrarla, insieme ad uno di quei sorrisi che non ricordava più.
«Hey, posso lasciarti questo? Se vuoi, stasera puoi venire da noi per provare, la prima lezione è sempre gratuita. Ciao, ciao.»
Leda non rispose, forse sorrise, mentre afferrava distrattamente il volantino.
Quella ragazza le aveva interrotto i ricordi tristi e avvizziti con quel suo look tutt'altro che femminile e non capiva se dispiacersene o meno.
Aveva i capelli corti, scuri, un pò spettinati e un piercing piccolissimo spostato a destra sopra il labbro superiore, come a simulare un piccolo neo d'argento.
I jeans larghi a vita bassa ed una maglietta nera con su scritto «Peace & Love» come una beffa della sorte che le si presentava per deriderla.
«Si, proprio pace e amore, che grande utopia!» pensò e rapidamente, mossa da una certa irritazione, accartocciò il volantino e fece per tirarglielo dietro, poi si fermò.
Infondo non c'entrava niente quella ragazzina brillante col suo umore nero e la sua devastazione e fare qualcosa di nuovo, invece di crogiolarsi con gli inganni del passato, non sarebbe stato affatto un errore.
Riaprì il pezzo di carta ormai tutto spiegazzato e ci appiccicò il chewing-gum, che teneva in bocca da più di mezz'ora, proprio nel mezzo.
Fu in quel momento che notò la pancia nuda della ragazza in foto, nemmeno a farlo apposta le aveva centravo con la gomma l'ombelico.
Spostò lo sguardo sulla scritta :
«Balla che ti passa. La danza del ventre ti allunga la vita !»
Una seconda beffa.
La vita le sembrava già insopportabile così, figuriamoci volerla allungare eppure, una strana inconfessabile curiosità, le si era mossa dentro.
Piegò il foglietto e lo chiuse nel quaderno poi si tirò su avvertendo un leggero mancamento.
Era piccolissima, i capelli sbiaditi a coprirle quasi tutta la faccia e un'aria davvero triste.
Sospirò un attimo poi si avviò lentamente verso casa.
L'aria era fresca ed iniziava a scendere la sera.
Una volta a casa si rese conto di quanto fosse sola ed annoiata.
Non aveva voglia di mangiare, di scrivere, né tanto meno di dormire.
Afferrò «Vanity Fair» , la sua rivista preferita, ed inizio a leggere articoli qua e là.
«Se gli uomini mentono», si soffermò proprio su quella recensione di un libro, inevitabilmente attratta dal titolo, che narrava di uomini in cerca di sesso nei siti d'incontri.
Uomini che in chat barano sull'età, sulla posizione sociale, sulla loro fisicità. Maschi che cercano di abbordare nella maniera più semplice: mentendo.
Ringo l'aveva abbordata allo stesso modo, ma non da dietro uno schermo, bensì su una spiaggia. L'aveva sedotta con il suo fascino e non le aveva nascosto né l'età, né la posizione sociale bensì una relazione parallela.
Chiuse il giornale, riprese il volantino e guardò la via della scuola. Era a pochi metri da casa sua e farci un salto le avrebbe magari regalato  un po' di sonno e allontanato i ricordi persistenti sulla fine della sua relazione.
Quando entrò e vide la sua immagine riflessa nell'enorme parete di specchi, ebbe un improvviso senso di sconforto, come un irreparabile ripensamento.
Stava per fare dietro front quando riconobbe la ragazzina col piercing.
Era seduta a terra, sopra un tappetino azzurro con le gambe divaricate che sembrava dovesse spaccarsi a metà e a tratti tendeva il corpo verso la gamba destra, a tratti verso la sinistra e alla fine in avanti con la schiena completamente tesa ed il mento quasi a toccare per terra.
Tutto questo riusciva a farlo con una naturalezza impressionante, flessibile come un elastico da bungee-jumping e un pò di invidia la faceva.
Quando la vide impalata lì a pochi metri dalla porta, che la scrutava stupita, subito le sorrise e le fece cenno di avvicinarsi.
«Ciao, scusami… è che… sei così brava.»
«Grazie. Anni di allenamento e passione. Da piccola impazzivo per la ginnastica artistica e come vedi, qualcosa mi è rimasto.»
Leda sorrise e non disse nulla.
«Comunque piacere, io sono Maya.»
Maya le tese la mano e in contemporanea si tirò su per presentarsi a modo.
«Piacere mio, Leda.»
«Bel nome. Mi piace e ancor più mi piace che tu sia venuta. Il mio lavoro di volantinaggio non è andato del tutto perso.»
Maya fece una buffa risata poi rimise a posto il tappetino.
Non aveva più voglia di fare stretching e poi la lezione stava per cominciare.
«E' la prima volta che danzi?»
«Si, beh diciamo che sono qui solo per guardare, in realtà non danzerò.»
«Ma dai ! Qua non si guarda, si balla e tu non farai eccezione!»
Leda ebbe uno dei suoi soliti attacchi di ansia e se lo sentì tutto salire nello stomaco, ma cercò di far finta di niente.
«Scusa ma sei tu l'insegnante?»
«Io? Eh magari, mi piacerebbe, ma no, non sono io, la nostra super danzatrice sta per arrivare, vedrai ti piacerà.»
Non fece in tempo a finire la frase che dal retro sbucò una ragazza che sembrava un angelo vestito di strass.

«Allora ragazze iniziamo?»
Entrò sorridente poi si girò verso di lei compiaciuta.
«Ciao, sei venuta per la prova?»
«Beh si , vorrei solo guardare.»
«Guardare non è consentito, sei qui ormai devi provare, ti divertirai, non preoccuparti.»
«Ma io veramente…non ho nemmeno i vestiti adatti», farfugliò titubante.
Leda, in effetti, era uscita di casa senza preoccuparsi dell'abbigliamento ma aveva un pantacollant ed una gonna corta di jeans, con sopra una maglietta viola aderente e sarebbe andato benissimo.
L'insegnante infatti la guardò un attimo e la incitò nuovamente a non tirarsi indietro.
«Togli la gonna e le scarpe e sei pronta.»
Ormai non aveva scampo e poi sarebbe stato più imbarazzante restarsene lì imbambolata e con tanti occhi puntati contro, così si sfilò gonna e scarpe e si mise dietro a Maya.
La lezione iniziava e con essa anche la sua nuova vita, perché, anche se ancora non lo capiva, la danza le avrebbe ridato ben presto la carica per ricominciare, nonché un buon tema per il suo concorso.

Nadia Nunzi ©

(Scritto per il Concorso «Storie in città» di Civitanova Marche)

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